E’ tanto che ho in mente di scrivere di un viaggio che mi ha portato lontano, in un posto fuori dal mondo dove ho dovuto fare i conti con me. Sì, con me , le mie paure , i miei dubbi e le mie mille domande. Sono andata alla residenza di scrittura di Sara Ercoli , tre giorni avvolte dalla natura, dal silenzio e con l’odore di legna che bruciava nella stufa a parlare dei miei progetti di scrittura. Abbiamo buttato giù scalette, guardato le cose da migliorare.
Tre giorni sospesi nei quali ho vissuto di parole dette e scritte , abbiamo scavato e siamo scese nella cantina della mia anima.
Quando sono partita avevo in po’ di paura, non di Sara che è una persona speciale, ma di me. La scrittura da un po’ è come un splendido amante che porta alla luce ombre.
L’ombra che più mi assilla è quella del non poter sbagliare. Ho vissuto tutta la vita in modo prestazionale , dovevo essere sempre il meglio , dare sempre di più. Non mi era concesso lo sbaglio e il fallimento dai tempi della scuola.
Quindi percorrendo i primi 400 km per arrivare avevo paura che questa ombra mi inglobasse facendo diventare la scrittura un’altra tortura di perfezione.
Quando sono tornata, grazie alle lunghe, intense chiacchierate, ho capito che solo io posso impedire che ciò accada , prendendo sul serio la scrittura. Questo in parte dovuto a Sara che mi ha detto
《Smettila di chiederti se vali come scrittrice: hai una tua voce ben definita, smetti di sabotarti da sola e prenditi sul serio. Prendi seriamente la scrittura e sporcati》.
Poi mi ha detto che sono una persona morbida, accogliente e che quando scrivo sembra che voglia proteggere il lettore come a dirgli “tranquillo nella caverna non succederà nulla”. Quanto è vero! Il mio accudimento per l’altro è sempre stato parte di me.
Subito dopo Sara mi ha mandato a scrivere una lettera di insulti ed è risultato un computo difficile a cui sto ancora lavorando.
Un’altra cosa che mi sono portata casa è stata la libertà di poter scrivere senza refusi. In che senso?
Ho sempre scritto in Facebook di getto, senza rivedere e lasciando errori volutamente anche se in modo inconscio.
Sara, Francesco e molti altri mi hanno sempre detto che era un peccato che ci fossero questi errori perché chi mi leggeva poteva pensare che non sapessi scrivere, che non avessi cura delle parole. Cosa inconcepibile per uno scrittore.
Lo sapevo e lo so, ma il motivo per cui lasciavo quegli errori era profondo:
Volevo, per una volta, poter essere libera di non essere perfetta, ma piena di errori. E quando me lo dicevano mi innervosivo perché sembrava che mi dicessero che non potevo permettermi di sbagliare.
Se voglio prendere seriamente questa mia passione devo eliminare questo errori, ma voglio mantenere la mia libertà di poter sbagliare, di non chiedermi di essere perfetta e forse il vero modo di farlo è scrivere senza paura che non sia bello.
Ho fatto 800 km per ritrovare parti di me sepolte, per capire quanto sia urgente il mio bisogno di scrivere .
Ho fatto 800 Km per capire che non c’è bisogno di essere perfetti , ma veri e autentici.
Ho fatto 800 km per trovare una persona speciale che spero mi resti accanto in questo percorso come amica ed editor insieme agli altri miei favolosi insegnanti della scuola di Francesco Trento .
