
Ma che succede? Suona l’allarme di nuovo.
Sta sera fanno tutti…ci siamo capiti, vero?
Mi rigiro malamente verso lo schermo.
Quei due si baciano, si toccano, che schifo! Spegnete quel monitor! Dovrebbero mettere: “Vietato ai minori di 18 anni” o meglio “ai futuri figli!” .
Chiudo gli occhi.
Meno male che non tocca a me.
Quei due non mi piacciono proprio. Guardo sotto di me.
Chi verrà sparato?
Voglio vedere la faccia di quel poveretto. Con fatica cerco di alzarmi quanto basta per guardare. Cosa?!!!
Sgrano gli occhi per la sorpresa. Tocca a me! Punto quelle piccole e insulse protuberanze che ho in basso e le metto contro le pareti del tubo nella vana speranza di non scivolare più in basso.
“Ahi!” Il sedere di quello sopra di me mi arriva sulla testa.
“Ma quanto pesi, accidenti?” brontolo.
Non voglio andare io in quella pancia! Il suono aumenta, fra poco qualcuno di noi deve andare.
Ma non sarò io.
Non la voglio quella come madre. Non è bella e ha il naso grosso. Se prendo da lei sono finita.
“Aiutoooo” piango sperando che questo fermi il flipper spara bambini senza successo.
Scendo ancora.
Il suono dell’allarme si fa più forte. Vedo il bottone di sicurezza. Quello che blocca tutto quando il papà tira fuori un palloncino di gomma. Dai! Tiralo fuori, lo so che ce l’hai!
Per sicurezza decido di schiacciarlo io. Allungo le braccia, ma sono ancora troppo corte per arrivarci. Potrei rimbalzare. In effetti qualche volta assomigliare a una palla può servire.
“Ma che fai?” si lamenta quell’antipatico sopra di me.
“Vuoi andare tu?” rispondo seccata. “Vado dopo di te, queste sono le regole.” si sposta un po’
“e poi ho sonno”.
Gli faccio una linguaccia. Tanto quello dorme sempre! Scendo ancora un po’. L’unica possibilità di non entrare in quella pancia è far passare prima quel cretino appollaiato sulla mia testa.
Così mi lancio sopra di lui e atterrata sulla sua pancia rimbalzo nuovamente sbattendo contro il tubo, che ci contiene tutti come un distributore di chewing-gum tondi e colorati. Accidenti che male!
Ci mancava anche un bernoccolo prima di nascere. Adesso sono molto arrabbiata così gli prendo la gamba e lo tiro giù con tutta la forza che ho. Restiamo incastrati pancia contro pancia.
“Non respiro” si lamenta il rompiscatole.
“Manco io ma non piagnucolo”.
Mentre lui cerca di tornare sopra, io lo spingo giù con le braccia. Suona un altro allarme. Sullo schermo altri due che iniziano a fare quelle cose.
Guardo meglio. Sembrano carini.
Un ultimo calcio e mi sposto sopra il ciccione. Adesso sono due gli allarmi. Sicura di aver scelto la mia mamma chiudo gli occhi. Ciccio viene sparato giù. Poco dopo tocca a me e mi congratulo con me stessa per la mia furbizia.
Questo posto sembra accogliente, caldo e morbido. Riesco anche a fare capriole. Che cos’è questo rumore?
Metto una mano sul petto e capisco che è il mio cuore. Perfetto, tutto secondo i piani.
Chiudo di nuovo gli occhi.
Poco dopo mi arriva uno schiaffo e un calcio.
Che succede?
Mi giro e lo vedo. Ciccio è qui con me, che dorme beato e tira calci. Come cavolo è possibile?
Ehi lassù, che succede? In due in una pancia?
Ma soprattutto in quale pancia siamo!
Non riesco a respirare, ma che dico. Io non respiro. Sferro due calci e un pugno, giusto per far capire che sono agitata. Se tornassi indietro per avere una pancia tutta mia? Quel calduccio mi fa rilassare e anche se non vorrei mi addormento.
Quanto ho dormito? Non riesco nemmeno a muovermi.
Di chi è questa chiappa che mi preme sulla faccia?
“Come ti permetti?” dico al proprietario di quel sedere.
Lo spingo un po’ più in là.
“Ahia, che fai?” Ciccio si lamenta con quel suo fare pacato.
“Ti sposto.”
“Senti un po’ quella che mi ha tenuto il ginocchio sulla pancia per mesi.”
“Ma non riesco a muovermi” mi lamento.
“Nemmeno io, cretina.”
“Smettila di chiamarmi cretina, stupido.”
“È tutta colpa tua se siamo finiti qui insieme” borbotta mio fratello.
Sono rassegnata.
Ho un rompiscatole per fratello che mi sta schiacciando come una sardina in scatola.
“Che succede adesso? Che fai, mi spingi?”
“No, non sono io.”
“Chi è allora?”
“Non lo so” risponde Ciccio spaventato.
Tra spinte, calci in faccia, finisco per essere spinta fuori.
Che freddo che fa qui. Credo di essere nata. Mamma mi prende in braccio e mi avvicina al suo volto. Non la vedo ancora bene ma sono sicura che sia bellissima. Sento Ciccio accanto a me e capisco che non mi libererò mai di lui.
In fin dei conti non è poi così antipatico se non mi mette il sedere in faccia. Apro gli occhi e finalmente la vedo.
Nooo, non può essere lei, non quella che non volevo. Mi sto sbagliando. Sbatto gli occhi e guardo meglio.
È proprio lei.
Mi metto a piangere sconsolata.
Voglio tornare indietro, voglio l’altra mamma! Aveva proprio ragione chi diceva che nascere è un trauma. Mentre piango, mamma mi avvicina a qualcosa di morbido. In effetti niente male questa mamma. Sento il suo profumo e gusto il latte che esce da lei. Mi sento felice. Forse dobbiamo solo conoscerci meglio, penso prima di addormentarmi tra le sue braccia.
